Accanto ai tanti mestieri non più praticati, nella Palermo negli anni 70 esistevano attività anch’esse scomparse completamente o quasi. Non si possono definire mestieri veri e propri, perché non prevedevano alcuna azione manuale, tuttavia erano una forma di lavoro, un po’ imprenditoriale e un po’ una semplice arte di arrangiarsi.
Di alcuni dei mestieri perduti con le loro classiche “abbanniate” potete leggere nell’articolo: “Le voci di strada: i mestieri antichi di Palermo”. Qui voglio ricordare alcune attività degli anni 70 ormai dimenticate e da alcuni neppure conosciute.
Il piazzista
Come si chiamassero questi individui non l’ho mai saputo. Nella Palermo degli anni ‘70 li definivamo piazzisti, forse perché si mettevano nelle piazze più trafficate, ma si potevano incontrare anche nei crocicchi delle strade principali. Erano veri traffichini e un pizzico truffaldini. Vestiti con giacca e cravatta piuttosto consunte attiravano i passanti con la loro parlantina o eseguendo piccoli numeri di magia e quando avevano racimolato un po’ di gente cominciavano lo show vero e proprio.
Quello che ricordo di più si posizionava all’inizio della via Roma, all’angolo con la via Trento, e attirava la gente con il suo numero da artista di strada: mostrava un sacchetto di iuta vuoto e poi simulando il verso di una gallina faceva uscire delle uova autentiche dal sacco! Strabiliante agli occhi di grandi e bambini. E tutti si avvicinavano attirati dal personaggio un po’ stralunato con gli occhi dilatati come da ipertiroideo. A questo punto cominciava la vendita di cianfrusaglie sistemate su un banchetto, ma lui li chiamava regali. “Mille lire” per avere una serie di oggetti di poco valore e in più un mangiadischi, una radio o qualche altro oggetto più costoso, proclamato con l’aggiunta veloce della formula: “all’asta e gara libera” che i più nemmeno capivano. Prendeva le mille lire dalle mani di chi era stato accalappiato e le riempiva di oggettini pressoché inutili. A quel punto offriva l’oggetto ambito iniziando l’asta nella delusione di chi non aveva capito l’inghippo. Asta ovviamente pilotata da un paio di complici compari che alzavano il prezzo fino quando non raggiungevano un valore congruo. Qualcuno si lamentava dell’inganno, qualcuno minacciava ma veniva gentilmente dissuaso dai complici e la cosa finiva lì.
Ricordate quando a Palermo si affittavano i giornaletti a fumetti?
Mi chiedo se ancora esistono i giornaletti a fumetti. Probabilmente sì, ma credo che le vendite si siano ridotte notevolmente e gli unici a continuare a leggerli ed a comprarli siano gli appassionati degli anni 70. A quel tempo c’era davvero il boom delle pubblicazioni di fumetti. Un po’ superati i più antichi, come Blek Macigno o Capitan Miki, resistevano Diabolik (con l’affascinante compagna Eva Kant) e soprattutto il mitico Topolino che ha accompagnato la crescita anche culturale di molti ragazzi per parecchi anni. Un discorso a parte per Tex Willer, l’eroe del West che dal 1948 ancora appassiona i lettori con le sue avventure. Naturalmente il mondo dei fumetti non si limitava solo a questi perché ce n’erano davvero tantissimi che costituivano la stragrande maggioranza delle letture dei ragazzi e non solo! Ma queste pubblicazioni mensili, quindicinali o settimanali avevano un costo per cui non era agevole per tutti acquistarli in edicola: ecco allora che esistevano dei negozi specializzati nell’affitto di queste pubblicazioni ma anche di libri popolari. Ne esistevano in ogni quartiere di Palermo: storici nella mia memoria i fratelli Zarcone a Ballarò o il negozio di fronte all’Ospedale dei Bambini e quelli nella zona del Palazzo di Giustizia. Il noleggio era pari alla metà del prezzo di copertina (un po’ di più per le ultime uscite) ma al momento della restituzione si riceveva un importo pari alla metà circa del prezzo di noleggio. Per cui le pubblicazioni potevano essere acquistate (cioè mantenute per chi le collezionava) oppure restituite per ottenere i nuovi numeri.
… o quando si affittavano le biciclette?
Una usanza degli anni 70 a Palermo, oggi praticamente perduta, o meglio istituzionalizzata col bike sharing, era l’affitto delle biciclette. Per tutti i bambini era possibile affittare una bicicletta quando insieme alla famiglia andavamo a passeggiare nella villa Giulia, ma più tipico per noi ragazzi era recarsi nella zona dell’Albergheria, in piazza Ritiro san Pietro dove esisteva un’attività di noleggio delle biciclette. Lo chiamavamo “da Rosselli”, ma non so se il proprietario si chiamasse in questo modo o era per via del medievale Palazzo Rosselli (oggi fortemente degradato) che dava il nome alla via di fianco. La domenica mattina noi ragazzi andavamo in quella piazzetta e per poche decine di lire affittavamo una bici per un’ora o due scorrazzando per le vie del quartiere.
Saverio Schirò