Il pesce azzurro, fra cui le sarde, come tutti sappiamo, è molto apprezzato per le sue proprietà organolettiche: contiene un’ alta percentuale di omega 3, proteine, sali minerali e vitamine che lo rendono un vero toccasana per il nostro organismo.
La ricetta che vi propongo oggi è molto semplice, ma non per questo meno buona da gustare.
Prima però vorrei portarvi alla scoperta della nascita di questo piatto.
Dunque, sapete da dove deriva il termine “allinguate“? Alcuni di voi potrebbero dire che è la somiglianza della sarda aperta e pulita che fa pensare ad una lingua, il che è anche vero, ma per scoprirne l’ origine anche questa volta bisogna andare un bel pò indietro nel tempo ed arrivare fino al dominio degli spagnoli in Sicilia, che durò circa due secoli.
Quello che non è mai mancato ai palermitani di tutti i tempi, sicuramente è l’estro e la fantasia che hanno sempre usato in tutto ciò che fanno.
Le classi meno abbienti di quel tempo, infatti, non si accontentavano solo di sapere ciò che nelle cucine baronali i prestigiosi cuochi di palazzo, i Monsù, preparavano per i loro signori. Le massaie di allora, reinventavano a modo loro i piatti che venivano serviti nelle tavole dei ricchi utilizzando ciò che avevano a disposizione, soprattutto i prodotti della terra, sbizzarrendosi nel condirli e profumarli con erbe e aromi semplici in modo da renderli il più possibile simili agli originali, creando delle pietanze che erano delle vere e proprie imitazioni.
E così accostando l’aceto allo zucchero, nasceva l’agrodolce con cui condivano le melanzane tagliate a tocchetti (la caponata), se invece le stesse venivano tagliate in quattro ai lati e fritte, assumevano l’aspetto delle quaglie, la milza fritta sostituiva la carne, e così anche le sarde condite e arrotolate imitavano i beccafichi (uccelletti prelibati) o ancora, aperte e deliscate prendevano le sembianze della sogliola che i nobili spagnoli chiamavano “lenguado”. Da qui sarde a lenguado, sarde a sogliola ovvero sarde allinguate.
Dunque, sapete da dove deriva il termine “allinguate“? Alcuni di voi potrebbero dire che è la somiglianza della sarda aperta e pulita che fa pensare ad una lingua, il che è anche vero, ma per scoprirne l’ origine anche questa volta bisogna andare un bel pò indietro nel tempo ed arrivare fino al dominio degli spagnoli in Sicilia, che durò circa due secoli.
Quello che non è mai mancato ai palermitani di tutti i tempi, sicuramente è l’estro e la fantasia che hanno sempre usato in tutto ciò che fanno.
Le classi meno abbienti di quel tempo, infatti, non si accontentavano solo di sapere ciò che nelle cucine baronali i prestigiosi cuochi di palazzo, i Monsù, preparavano per i loro signori. Le massaie di allora, reinventavano a modo loro i piatti che venivano serviti nelle tavole dei ricchi utilizzando ciò che avevano a disposizione, soprattutto i prodotti della terra, sbizzarrendosi nel condirli e profumarli con erbe e aromi semplici in modo da renderli il più possibile simili agli originali, creando delle pietanze che erano delle vere e proprie imitazioni.
E così accostando l’aceto allo zucchero, nasceva l’agrodolce con cui condivano le melanzane tagliate a tocchetti (la caponata), se invece le stesse venivano tagliate in quattro ai lati e fritte, assumevano l’aspetto delle quaglie, la milza fritta sostituiva la carne, e così anche le sarde condite e arrotolate imitavano i beccafichi (uccelletti prelibati) o ancora, aperte e deliscate prendevano le sembianze della sogliola che i nobili spagnoli chiamavano “lenguado”. Da qui sarde a lenguado, sarde a sogliola ovvero sarde allinguate.
Ma c’è da sottolineare ancora un particolare, che chiarisce anche l’uso dell’ aceto in questo piatto, a cui alla fin fine conferisce un sapore particolare e molto gradevole al palato.
La gente povera di quel tempo non potendo permettersi di comprare il pesce freschissimo, si contentava spesso anche di un prodotto “fituso” per dirlo in siciliano, che però aveva due grossi difetti, il primo il sapore alterato e ovviamente il non gradevole odore, il secondo, anche più importante, non potevano correre il rischio d’intossicazione, e allora per ovviare a questi inconvenienti mettevano il pesce a bagno nell’aceto, ottimo per coprire odore e sapore, ancora meglio come antibatterico.
La gente povera di quel tempo non potendo permettersi di comprare il pesce freschissimo, si contentava spesso anche di un prodotto “fituso” per dirlo in siciliano, che però aveva due grossi difetti, il primo il sapore alterato e ovviamente il non gradevole odore, il secondo, anche più importante, non potevano correre il rischio d’intossicazione, e allora per ovviare a questi inconvenienti mettevano il pesce a bagno nell’aceto, ottimo per coprire odore e sapore, ancora meglio come antibatterico.

Ingredienti
1 kg di sarde
aceto di vino bianco
farina di grano duro rimacinata
sale
olio extravergine di oliva
Pulire le sarde privandole delle interiora e della testa, squamatele e apritele a libro, togliete la lisca lasciando soltanto la coda attaccata. Lavatele sotto l’ acqua corrente. Ponetele ora in un recipiente e copritele completamente con l’aceto, chiudete il recipiente con della pellicola trasparente e ponetela in frigo per circa un’ ora.
Trascorso questo tempo, prendete le sarde sgocciolatele bene e infarinatele, lasciatele riposare ancora per un quarto d’ora, poi friggetele in olio caldissimo facendole dorare da entrambe le parti. Passatele su un foglio di carta assorbente, salate e servite calde.
Se preferite potete gustarle anche marinate, ecco cosa, occorre:
3 cipolle
1 bicchiere di aceto bianco
1 cucchiaio colmo di zucchero
olio extravergine di oliva
sale e peperoncino
Tagliate a fette la cipolla e soffriggetela con un pizzico di peperoncino nell’ olio. Appena sarà appassita aggiungete un pizzico di sale, aceto e zucchero, lasciate cuocere a fuoco moderato. Mettete le sarde allinguate già fritte in una pirofila e ricopritele con la cipolla marinata, lasciate riposare per circa mezz’ ora prima di servire.