Chiesa della Gancia (Santa Maria degli Angeli)

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La Chiesa della Gancia di Palermo è un punto d’interesse molto importante nella storia della città.

La storia della Gancia di Palermo

Edificata per volere dei Frati Osservanti Riformati di San Francesco negli ultimi decenni del XV secolo, la chiesa di Santa Maria degli Angeli, meglio nota con il nome di “Gancia”, sorge nell’antico quartiere della Kalsa in un luogo dove in epoca medievale, come scrive l’abate Pirri, sorgeva una chiesetta dedicata a San Girolamo.
Attorno al 1430 i Frati Minori Osservanti desiderosi di possedere una loro “Gancia” cioè un ospizio dentro le mura della città, ottennero l’antica chiesa che intendevano adibire ai loro scopi, creando un punto d’appoggio per i pellegrini forestieri e per gli stessi frati francescani quando dalle scoscese pendici boscose di Santa Maria di Gesù, sede del loro convento, scendevano in città.

Nel 1487 i francescani ottenevano da Papa Innocenzo VIII il permesso di edificare, ma il loro progetto edificatorio fu rallentato per il subentrare, a lavori avanzati, di obiezioni da parte dell’Arcivescovo di Palermo Giovanni Paternò, che sosteneva che la concessione era stata data ai francescani a condizione che la costruzione dell’edificio religioso avvenisse “fuori dalle mura della città”. Ma tale direttiva non era stata rispettata, non sappiamo quanto in buona fede, da parte dei francescani che ritenevano la Kalsa fuori città, come era credenza comune. In realtà se consideriamo la posizione della fabbrica dal punto di vista geografico, l’Arcivescovo aveva ragione. A risolvere la contesa intervenne la Bolla di Papa Giulio II nel 1508, che accoglieva con favore le ragioni dei Frati e autorizzava definitivamente il completamento della nuova chiesa, cui lavori erano stati nel frattempo sospesi.

La Chiesa della Gancia (santa Maria degli Angeli)

Austera, ma allo stesso tempo elegante nel suo aspetto esterno, la chiesa presenta due prospetti, nel quale i caratteri dello stile tardo-gotico si fondono con elementi rinascimentali. Quello principale si affaccia nel cortile della Gancia e l’altro sulla via Alloro, abituale ingresso della chiesa.

La facciata principale è caratterizzata da un portale con archivolto a tutto sesto sorretto da peducci pensili del 1530, sovrastato in alto da una lunga monofora. L’altro prospetto, sul fianco laterale, è costituito da un portale con archivolto a sesto ribassato nel cui vertice si trova un pregevole bassorilievo raffigurante l’immagine della Vergine degli Angeli.

Interno navata Gancia

L’interno presenta una unica ampia navata rettangolare con impianto planimetrico a croce latina e transetto incluso nel perimetro murario. Sulle pareti laterali si aprono sedici cappelle e altre due ai lati dell’altare. Questo si configura come il risultato dei numerosi rifacimenti che nel corso dei secoli la chiesa ha subito e che ne hanno mutato in maniera determinante la struttura originaria.

Nel 1672, durante i dissennati lavori di ampliamento della sottostante cripta sepolcrale che gli stessi frati stavano eseguendo, avvenne il crollo del transetto con le due tribune laterali e il presbiterio che causò non pochi danni. L’immediata ricostruzione e l’opera decorativa che fece seguito al rovinoso evento rinnovò l’immagine complessiva della chiesa rendendo preminente la facies barocca, che in parte nel tempo è andata perduta.
L’intervento decorativo portava le firme di importanti artisti come Giacomo Serpotta, Andrea Surfarello e Gaspare La Farina.

Nella parte alta delle navate, al di sopra delle cappelle tra le arcate, vi sono pregevoli affreschi che raffigurano, dentro cornici polilobate, dodici Santi francescani, eseguiti da Antonino Grano nel 1697. Originario del 500 è il magnifico soffitto ligneo a cassettoni che copre la navata e il transetto, rimasto perfettamente conservato nonostante i danneggiamenti e gli interventi di restauro subiti prima nel 1673, ad opera di Gaspare Guercio e successivamente nel 1782, diretti da Venanzio Marvuglia.
L’ultimo restauro del soffitto è avvenuto dopo i danni bellici del 1943.

Organo chiesa della Gancia Palermo

Sopra la porta centrale della chiesa troviamo, sorretto da due colonne in marmo, il tardo-cinquecentesco coro ligneo, opera magistrale di un “faber lignarius” dotato di grandi capacità artistiche. Sopra vi è collocato un organo, di notevole valore storico- artistico (che purtroppo oggi versa in cattive condizioni), eseguito nel 1615 dal celebre organista Raffaele La Valle a spese del senato cittadino.

Tuttavia l’aspetto attuale dello strumento, non è più quello originario, in quanto nel 1772 fu ricostruito dal mastro organaro Jacobo Andronico che utilizzò materiale fonico originale.
Sopra il somiere principale verso il centro si legge, infatti, la scritta: JACOBUS ANDRONICO FECIT ANNO 1772.

Affiancati alla porta principale si trovano due semi cappelle quella di sinistra era dedicata a San Corrado e vi si trovava il dipinto del Santo attribuito a Vincenzo da Pavia detto il Romano del 1549, oggi a Palazzo Abatellis. Quella di destra era un tempo dedicata ai ventitrè Beati Martiri Giapponesi e custodiva una tela che raffigurava i suddetti Martiri. La tela si trova oggi in un’altra cappella della chiesa.

Le cappelle della chiesa di Santa Maria degli Angeli sono dei veri e propri scrigni di opere d’arte, che dopo uno stato di abbandono e di degrado davvero preoccupanti, sono state quasi del tutto restaurate.

Le Cappelle del lato destro

1 – La prima Cappella entrando da destra è intitolata al Beato Francescano, con una tela di Vincenzo Bongiovanni che raffigura il Beato francescano del 1729. Sul lato destro della cappella troviamo tre sarcofaghi della famiglia Sitajolo. Nella cappella vi si conserva la vara processionale del veneratissimo Bambinello della Gancia.

2 – Segue la Cappella della Madonna del Monserrato, dove fa bella mostra l’omonima tavola di Antonello de Crescenzio detto il Panormita datato 1528. Gli affreschi della volta sono riferibili ad Antonino Grano. Oggi nell’altare troviamo un manufatto ligneo che raffigura S. Pasquale. Nella cappella si trova il sarcofago funerario di Fabio Bologna.

3 – La terza Cappella è dedicata ai Santi Giacomo della Marca e Francesco Solano. Sull’altare la tela con la Vergine con Santi Francescani, probabile opera settecentesca di Olivio Sozzi. Ai lati gli affreschi del messinese Filippo Tancredi: Lo sdegno di Di San Giacomo La Marca e San Francesco Solano benedicente. Sono presenti i sepolcri di Nicolò e Antonio Amari ed Elisabetta Bologna.

4 – La Cappella che segue è intitolata Santa Maria di Gesù e presenta una scultura marmorea della bottega del Gagini un tempo situata su un pilastro nell’altare maggiore, come ci riferisce il Mongitore. Sulla volta affreschi settecenteschi. Ai lati due tumuli funebri della famiglia del Voglia.

5 – Segue la magnifica Cappella di Sant’Antonio da Padova, concessa all’illustre Abbate Federici che la abbellì a sue spese nel 1687. Presenta un ricco altare con splendide colonne tortili della fine del seicento e una balaustra decorata a marmi mischi. Sull’altare, entro una nicchia, una scultura ottocentesca del Santo in terracotta policroma, in alto due tondi con affreschi del Grano e alcune tele di scuola siciliana che raffigurano episodi della vita di Sant’Antonio.

Tra questa cappella e la seguente emerge dalla parete un piccolo gioiello rinascimentale, un Pulpito marmoreo della scuola del Gagini che rappresenta al centro la Risurrezione e Cristo al Limbo che libera i progenitori e ai lati gli Evangelisti con i rispettivi simboli.

6 – La sesta cappella, dedicata a San Francesco, era un tempo intitolata al Beato Salvatore d’Orta, presenta nell’altare la statua lignea di San Francesco. La cappella, negli stipiti dell’arco d’ingresso è arricchita da una raffinata decorazione a tarsie marmoree tra le quali si inseriscono le scene della Visitazione di Maria a sinistra e la Fuga in Egitto a destra.

7 – Segue la Cappella dell’Immacolata con altare settecentesco decorato a marmi mischi: ai lati due grandi affreschi attribuiti a Filippo Tancredi, che raffigurano Giuditta che decapita Olofene, a destra, ed Ester alla Reggia di Assuero a sinistra. Sull’altare statua lignea dell’Immacolata.

8 – A seguire troviamo la Cappella del Crocifisso, già di Santa Margherita che nel 1716 fu concessa alla famiglia Airoldi di Santacolomba. Presenta nell’altare un crocifisso dei primi del settecento. Sulla volta un magnifico affresco del Tancredi che raffigura le tre Virtù, la Fede, la Giustizia e la Temperanza. Ai lati scene della passione di Cristo dello stesso autore.

Planimetria della Gancia

Il transetto di destra

Nel transetto di destra si trova il sepolcro di Giovanni Osorio Quinones del 1563 sovrastato dall’immagine della morte in rilievo. Sopra una tavola del 500 che raffigura la Madonna di Loreto, di ignoto autore e a destra una tela di Vincenzo Bongiovanni del 1730 che raffigura l’Apparizione della Vergine di Guadalupe.

Infine a destra dell’abside troviamo la famosa cappella di Nostra Signora di Guadalupe, la più esuberante delle cappelle della chiesa. Nel 1508 fu concessa alla nazione spagnola per accogliere le sepolture degli alti prelati Inquisitori di Sicilia. Nel crollo del Cappellone del 1672 fu pesantemente danneggiata e successivamente ricostruita. Custodisce al suo interno opere di straordinaria bellezza, stucchi di Giacomo e Procopio Serpotta, dipinti di Vincenzo Bongiovanni , Vincenzo da Pavia e Mario di Laurito.

L’arco d’ingresso è interamente rivestito di marmi mischi e il pavimento e costituito da lapidi sepolcrali di inquisitori spagnoli. Tra le altre vi si trova la tomba di Don Juan Lopez de Cisneros, l’inquisitore ucciso nelle segrete dello Steri “dall’eretico” frà Diego la Matina nel 1657, la cui vicenda è stata raccontata da Leonardo Sciascia nel suo libretto “Morte dell’Inquisitore”. Attualmente la cappella è chiusa ai visitatori, versa in un grave stato d’abbandono e di degrado ed è totalmente puntellata perchè rischia il crollo.

L’Altare Maggiore della Gancia

L’altare Maggiore in stile impero, stupendo scenario di ornamenti, è sovrastato da una croce lignea con Crocifisso, raffinata opera di Venanzio Marvuglia nella cui decorazione presenta scene dell’antico testamento. Questa magnifica opera sostituisce il primitivo altare che sorgeva all’interno di una bella tribuna con stucchi e statue marmoree di Antonello Gagini, andata in rovina nel crollo del 1672, della quale si conservano ancora alcune formelle marmoree ai lati dell’altare e nella navata. Il gruppo marmoreo sito nella parete di fondo è opera degli scultori Giuliano Mancino e Bartolomeo Birrittaro e rappresenta la Vergine con il Bambino e San Francesco nell’atto di ricevere la Pergamena con la scritta “Soli Francisco Datum”. Le pareti e la volta recano affreschi di Filippo Tancredi, nel lato destro troviamo Mosè che conduce il popolo alla terra promessa e a sinistra L’ultima Cena. Sulla volta Cristo in Gloria con Santi Francescani.

Le Cappelle del lato sinistro

9 – La prima cappella che incontriamo nella navata sinistra è dedicata a Santa Elisabetta d’Ungheria. La pala che raffigura l’estasi di San Francesco è attribuita ad Antonino Grano, nella cupola un affresco raffigurante Santa Elisabetta d’Ungheria tra gli angeli.

10 – Segue la cappella della Natività, appartenuta alla potente famiglia dei Mastrantonio, che commissionarono a Vincenzo da Pavia una splendida tavola che raffigura La Natività. A sinistra la tela che raffigura la crocifissione dei ventitre Martiri Giapponesi ed un Hecce Homo ligneo di pregevole fattura databile al XVIII secolo. Nella cappella sono presenti due solenni sarcofaghi funerari appartenenti alla famiglia Mastrantonio.

Subito dopo troviamo il portone d’ingresso laterale che da su via Alloro, dove addossato al muro si trova il monumento funebre di Matteo Lucchese.

11 – La terza cappella è dedicata a San Pietro d’Alcantara e presenta nell’altare la tela del Santo, una delle più belle opere di Pietro Novelli detto il Monrealese del 1646. La volta presenta l’affresco con La Croce della Penitenza di San Pietro d’Alcantara. Ai lati due affreschi del Tancredi, La Comunione al Santo da parte di Cristo e l’Apparizione della Vergine al Santo, purtroppo molto deteriorati. La cappella fu concessa alla famiglia del giureconsulto Modesto de Gambacurta e custodisce ancora il suo monumento funebre assieme a quello della moglie Eleonora.

12 – La seguente è la cappella è dedicata a Santa Elisabetta e le Anime Sante, già Santa Rosa di Viterbo, un tempo decorata con stucchi del Serpotta andati perduti. Affreschi di Filippo Tancredi raffiguravano la monaca Santa Rosa di Viterbo ma oggi ci resta ben poco. Una pala d’altare di recente fattura sostituisce una più antica che raffigurava santa Rosa di Viterbo. Completano la cappella tre monumenti funebri della famiglia Saladino.

13 – La quinta cappella di questo lato è intitolata all‘Ecce Homo ed appartenne alla famiglia Guascone marchesi di Villamena. Essa prende il nome dalla statua lignea posta sull’altare veneratissima dai fedeli. L’altare è a marmi mischi e pregevoli affreschi abbeliscono la cappella. Vi si conservano tre monumenti funebri, appartenenti ai Guascone proprietari della cappella.

14 – Proseguendo incontriamo la cappella di Santa Caterina da Bologna già di San Diego, oggi dedicata alla Madonna del Rosario per la statua della Vergine del Rosario posta nell’altare. Ai lati due buone tele di scuola siciliana raffigurano a destra il Beato Matteo d’Agrigento e a sinistra Santa Margherita di Cortona. Nella cappella troviamo il bassorilievo che un tempo decorava la non più esistente sepoltura di Lorenzo Selvaggio che raffigura Cristo che estrae i Patriarchi dal Limbo.

15 – Procedendo la prossima cappella è quella del Bambino Gesù.. Nella volta si trova un’affresco con Dio Padre benedicente e alle pareti l’Adorazione dei Magi e l’Adorazione dei Pastori. Ai lati dell’altare, fiancheggiano il quadro dell’Annunciazione sec. XVII. due statue in stucco: il Profeta Isaia a destra e re Davide a sinistra, probabili opere di Gaspare Firriolo. In basso ai lati delle pareti due monumenti funebri della famiglia Porcaro. Vi si custodisce il veneratissimo Bambinello della Gancia.

Il transetto di sinistra

Nell’ala sinistra del transetto contigua alla cappella dello Sposalizio vi è la cappella dell’Oratorio, all’esterno sopra l’arco d’ingresso all’Oratorio è collocata una tela attribuita a Giuseppe Salerno, detto Lo Zoppo di Ganci, che raffigura San Francesco che riceve la Porziuncola, del XVII secolo. Ai lati dell’arco due monumenti funebri in marmo bianco: uno appartiene a Giuseppe Lucchesi Palli e l’altro a Domenico Testasecca, entrambi attribuiti a Ignazio Marabitti.

Nella parete di sinistra, sempre all’esterno della cappella il grande affresco del Tancredi che raffigura Santa Chiara e la Pisside. Dentro la cappella, si conservano la tela del Beato Salvatore d’Orta opera di probabile scuola fiamminga, un crocifisso ligneo della seconda metà del settecento e una pietà in marmo, efficace scultura di scuola gaginesca.

Infine, accanto all’altare, la cappella dello Sposalizio, di certo quella di più interesse artistico. Presenta affreschi del Tancredi, forse tra i più belli: nella volta e nelle lunette l’Angelo, La fuga in Egitto, Cristo benedicente e La morte di San Giuseppe, ed ai lati delle pareti due grandi affreschi sempre del Tancredi, a sinistra, Aronne che offre a Dio un sacrificio di covoni di grano e a destra, Mosè riceve l’uva della terra promessa.
In alto a destra si trova un capolavoro di Giacomo Serpotta, un puttino che indossa il saio francescano (il Monachino). Sopra l’altare in marmo rosso la tavola dello Sposalizio della Vergine, capolavoro di Vincenzo da Pavia sovrastata in alto dal gruppo in stucco con la visione della “Sibilla Cumana” da parte dell’imperatore Augusto, opera di Giacomo Serpotta.

La buca della Salvezza

Nella facciata laterale della Gancia, su via Alloro, una lapide ricorda “La buca della salvezza” un foro scavato sul lato esterno della chiesa, da Gaspare Bivona e Filippo Patti, due patrioti che il 4 aprile del 1860, dopo il fallito tentativo di insurrezione, per sfuggire alla cattura da parte della polizia borbonica, si rifugiarono all’interno della cripta, e vistosi a mal partito non esitarono a nascondersi sotto dei cadaveri fingendosi morti. Successivamente riuscirono a scavare il foro e ad attirare l’attenzione di alcune popolane che li aiutarono a sfuggire all’arresto inscenando una finta “sciarra” (lite) in modo da distrarre le guardie e permettere ai due patrioti di mettersi in salvo.

Nicola Stanzione

Via Alloro 27 – 90133 Palermo
Per info. 3384512011 – 3387228775

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Nicola Stanzione
Nicola Stanzione
Innamorato di Palermo ed esperto dei suoi palazzi storici, monumenti, usi, costumi e tradizioni

5 COMMENTI

  1. Hello, My husband and I are traveling to Sicily in October to track down artwork done by my great great uncle, Antonio Jerone, a Francescan friar 1879-1956. My friend, Roberto Franco, from Gangi has told me there was a painting done by P. Antonio Jerone of Santa Elisabetta located in Chiesa della Gancia. Your article mentions a painting of Santa Elisabetta done by another artist. Is there more than one painting of Santa Elisabetta? Are you aware of any other artwork attributed to P. Jerone? I would very much appreciate any information you may have about my great great uncle. Thank you in advance. Jovanna Porter, North Carolina, USA

  2. Come mai un’ attrazione religiosa e turistica di questo livello viene tenuta chiusa? È davvero desolante. Al telefono dicono che si può accedere solo la dome nica alle 11 per partecipare alla messa, quindi solo 3 quarti d’ora la settimana d’apertura durante i quali non è consentita la visita. Mi sembra davvero incredibile persino per una città abituata all’incuria culturale come è Palermo

    • Purtroppo è vero quello che dici Anna, e non è il solo esempio. A parziale giustificazione posso dirti che il sito è sottoposto ad una operazione di restauro. Speriamo che una volta completato, possiamo godere di questo luogo e non solo a livello turistico.

  3. Se è abbastanza noto che la “gancia” (o “grancia”) era una struttura religiosa dipendente da un’altra con funzioni, principalmente, di alloggio/foresteria/infermeria ad esclusivo uso dei chierici, potrebbe, però, forse interessare la probabile origine di tale termine: esso è passato nel vernacolo siciliano – col significato di podere di un monastero/convento – dall’antico francese “granche”, cioè granaio, che nel francese contemporaneo è… grange.

    Di difficile accoglimento è, a mio avviso, la tesi che gancia derivi dal latino ganea. In senso proprio, la ganea era l’osteria e, estensivamente, un luogo di ristoro; tuttavia – e ciò anche nell’elegante latino ciceroniano – il termine indicava, solitamente, un’abitazione riservata (alias “casa chiusa”) in cui si esercitava… la prostituzione.

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