La parola Profondismo non esiste nei vocabolari, ma è giusto così: non si può catturare una emozione e neppure racchiuderla nello spazio angusto di una definizione. Le emozioni nascono dal profondo, da una zona remota del nostro spirito, ed emergono prepotentemente a livello della coscienza e tuttavia non abbiamo le parole necessarie per esprimerle. Ma si possono suscitare, le emozioni, si possono produrre in noi e trasmettere negli altri. L’arte è uno dei migliori mezzi per esprimerle, sentirle, condividerle.
Occorre andare dentro, però, nel profondo di ciascuno di noi per schiuderle a livello della coscienza.
Ignazio Pensovecchio con il suo istinto ne è diventato un portavoce speciale e per questo, a ragione, si definisce il cantastorie di questo viaggio nell’intimo delle emozioni.
Non è certamente l’unico, sia chiaro, ma è stato sicuramente fra i primi a coniare questa parola così evocativa: Profondismo Pittorico.
Ho parlato di istinto e davvero non c’è termine più adeguato per definire questo talento.
Ignazio non possiede alcun retroterra artistico, nessuno studio accademico, nessuna tecnica preconfezionata: solo istinto, talento istintivo che voleva emergere ed è emerso con tutta la sua prorompente vitalità.
Ricordo perfettamente gli inizi di questa avventura, perché io c’ero ed in qualche modo ne sono stato l’ispiratore e la guida ai primi passi.
Quanto tempo è passato? Vent’anni, forse anche di più. Ho conosciuto Ignazio in ospedale perché anche lui è un infermiere, ma quello è soltanto un lavoro, un mezzo per sostenere la famiglia, l’istinto artistico è un’altra cosa. Io l’avevo fin da bambino ed esprimevo la mia vena artistica disegnando e dipingendo quadri. Parlavamo tanto, della vita, di musica, di pittura, di arte. Il confronto lo stimolava: “Come si fa? Che colori si usano? E i pennelli, le tele, l’olio, la tempera, le tecniche…”
Ignazio ascoltava e cominciava a cimentarsi con questo mondo così nuovo per lui. E poi la chitarra, perché anche la musica è arte, con le corde nuove che si scordavano continuamente…
Quanti ricordi… Poi le nostre strade si sono divise, ma mai i cuori e le intenzioni.
E poi, un bel giorno, un foglio bianco, dei colori a cera scarabocchiati così, apparentemente senza logica e poi un graffio, un segno dapprima incerto e confuso si coagula in una forma. Un foglio buttato là, senza troppi calcoli, anzi senza nessun calcolo, qualcosa che è sgorgato da solo, dal profondo di se stesso e nel profondo penetra lo spettatore: era nato il profondiamo pittorico.
Ma nessuno lo sapeva ancora, neanche Ignazio al principio. Era stato un “parto” spontaneo, un istinto naturale. Ma era solo l’inizio, lo stimolo necessario per rompere la barriera tra il noto e l’inconoscibile che riposa dentro ciascuno di noi.
Quell’opera aveva un nome: “Fantasie di emozioni” e mai nome fu più appropriato perché chiunque lo ammirava ne rimaneva colpito senza sapere bene perché. Solo dei segni, dei graffi su una fantasia di colori, ma con la forza di suscitare emozioni: ecco l’arte, ecco il profondismo pittorico!
È inutile aggiungere altre parole. Da quel momento e in un turbinio di esperienze, Ignazio Pensovecchio ha sfornato, una dopo l’altra, tutta una serie di lavori, dipingendo di tutto e su tutto. Ha usato diverse tecniche e i supporti più disparati sempre alla ricerca di quel mondo profondo che voleva uscire fuori. Ma non un mondo tetro o oscuro, un mondo pieno di colori, un mondo “solare” perché Ignazio è un ragazzo solare. Sì, proprio un ragazzo con tutti i suoi anni dentro.
Non tutte sono opere riuscite, è chiaro, perché non tutte le emozioni sono buone, non tutte sono esprimibili, non tutte sono comprensibili, ma cosa importa, non è forse questa la vita?
Saverio Schirò