La via Principe di Paternò si trova tra via Libertà e viale della Regione Siciliana N.O.
I principi di Moncada di Paternò, a cui è intitolata la via, erano una famiglia molto potente che, a partire dal 1500, avevano esercitato poteri ed influenze paragonabili a quelle dei re. Un episodio avvenuto il 30 luglio 1797 portò nuovamente alla ribalta la storia di questa ricca famiglia. Mentre era in viaggio sulla rotta Palermo – Napoli, il principe Gian Luigi di Paternò, insieme ad altre sedici persone che erano al suo seguito, fu rapito dai “barbareschi”, un gruppo di pirati turchi che lo presero in ostaggio e lo portarono a Tunisi, dove fu consegnato al bey della città. In un periodo in cui la pirateria marittima era un’istituzione non proprio legale, ma largamente accettata, le grosse somme di denaro richieste mobilitarono l’interesse delle più alte cariche del regno che cercarono di intercedere con le autorità tunisine. Di fronte all’insistenza dei rapitori, i ricchi parenti del Paternò riuscirono a fare una colletta e raccogliere una somma sufficiente a farlo liberare con la promessa di pagare il restante debito (dell’esorbitante cifra di 85 mila scudi da versare in tre rate) al suo arrivo a Palermo. Tuttavia, appena sbarcato a Palermo, il Paternò decise di non pagare il riscatto, non ritenendosi obbligato in alcun modo. Quando il bey non ricevette la prima rata pattuita si rivolse al re Ferdinando minacciando rappresaglie. Non volendo incrinare i rapporti tra i due regni e vedendosi fortemente svantaggiato in caso di conflitto, Ferdinando istituì una commissione che citò in giudizio Gian Luigi Paternò il quale, nonostante abbia difeso strenuamente la sua posizione, fu condannato ed obbligato al pagamento del riscatto, che gli costò la vendita dei suoi feudi, data l’impossibilità di recuperare la somma richiesta in altro modo.