La via Beati Paoli va dalla piazza S. Isidoro alla Guilla e dalla via SS. Quaranta Martiri fino alla piazza del Capo e alla via S. Agostino.
La via ricorda il nome di un’antica setta segreta palermitana di cui si sa ancora molto poco, ma che pare abbia operato nei secoli XVI, XVII e, forse, XVIII, continuando l’azione di una più antica setta, conosciuta come “I Vendicosi”.
Uno dei primi a parlare ufficialmente dell’esistenza dei Beati Paoli fu il marchese di Villabianca, nei suoi Opuscoli palermitani, considerandoli sicuramente estinti ed etichettandoli come uomini scellerati, dei brutali assassini che andavano in giro di notte commettendo omicidi.
Il luogo segreto delle loro riunioni è stato identificato in una grotta sotterranea sotto la chiesa di S. Maria di Gesù, anche detta di S. Maruzza, accessibile soltanto da due parti, dall’odierna via Beati Paoli, dove al n. 45 abitava il giurespedito G.B. Baldi, oppure dal vicino vicolo degli Orfani, adiacente alla suddetta chiesa.
La setta è sempre stata oggetto di leggende e credenze popolari, da cui trassero profitto alcuni scrittori, tra cui Luigi Natoli, che nel suo romanzo “I Beati Paoli” racconta il ruolo della confraternita nell’applicazione della giustizia popolare, in opposizione ai ricchi governanti che approfittavano della povera gente. Questa visione, sicuramente la più romantica, ha creato un vero e proprio fenomeno letterario, ancora oggi diffuso in tutta la Sicilia.
Il nome Beati Paoli, probabilmente deriva dall’errata italianizzazione del siciliano Biat’i Paula, ovvero Beato di Paola, con chiaro riferimento a S. Francesco di Paola, difatti, secondo la tradizione, i membri della setta andavano in giro travestiti da monaci per rifugiarsi nelle chiese e carpire informazioni preziose da utilizzare nelle loro riunioni notturne.
La storia dei giustizieri popolari, che combatteva i torti ed amministrava la giustizia, ha da sempre ricevuto ampi consensi tra la gente e ha fatto sognare intere generazioni di Palermitani.