Piazza Bologni (o più correttamente Bologna), si affaccia su Via Vittorio Emanuele poco prima dei Quattro Canti di Piazza Vigliena.
La piazza rettangolare fu strutturata nel 1556, prendendo il nome dall’allora reggente del Regno delle Due Sicilie don Carlo d’Aragona e Tagliavia, principe di Castelvetrano che ne volle la costruzione. In quel periodo don Luigi Beccadelli Bologna, barone di Montefranco, vi fece erigere il suo meraviglioso palazzo e, nel 1573, curò i primi lavori di ampliamento e abbellimento della piazza, che in suo onore prese il nome di “Piano de’ Bologni” (da cui deriva il nome attuale). Verso la fine del XVII secolo il palazzo passò agli Alliata, principi di Villafranca, che ne hanno mantenuto il possesso fino al 1988, quando Rosalia Correale Santacroce, ultima erede, ne fece donazione alla Curia Arcivescovile, suscitando grande scalpore.
Nella piazza si trova una famosa statua dedicata al re Carlo V d’Asburgo, ad opera dello scultore Scipione Li Volsi, che ne raffigura il trionfale ritorno da Tunisi nel 1535, durante il quale si fermò in Sicilia per visitare alcune importanti città demaniali e per placare il malcontento dell’aristocrazia siciliana alla quale vendette titoli e privilegi. La posa della statua, con una mano leggermente protratta in avanti, ha per molti anni suscitato l’ilarità dei viaggiatori che giungevano a Palermo dalle province, i quali erano soliti affermare: “Per venire a Palermo ci vuole un sacco di soldi alto così”.
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La recente ripavimentazione di Piazza Bologni e la sua pedonalizzazione – invero assai spesso elusa e… non sanzionata! – per quanto meritorie, hanno costuito, a mio avviso, un’operazione assai parziale in termini di recupero di tale spazio civico.
Dopo il restauro conservativo di Palazzo Belmonte-Riso – gravemente danneggiato dalle incursioni aeree del 16 Aprile e del 30 Giugno 1943, ma, ancor di più, dal… dopoguerra, quando si procedette all’abbattimento di talune sue parti (ad esempio, il secondo cortile) nemmeno sfiorate dalle bombe e che, per fortuna, non fu totalmente demolito a fini edilizio-speculativi – occorre porre attenzione alle sorti di Palazzo Villafranca (si veda sopra), di proprietà curiale e di cui si vocifera un “riadattamento” a residence o albergo di lusso. Come saranno “rimodulati” o, meglio, violentati i suoi volumi interni?
Per quanto riguarda, invece, Palazzo Camerata-Scovazzo (in origine, Ugo delle Favare), che fa da “sfondo” alla piazza, anch’esso di proprietà privata ed usato come sala ricevimenti, resta un mistero perché non si sia ancora proceduto alla ricostruzione filologico-volumetrica della parte destra del suo prospetto (fortemente compromessa dal bombardamento aereo del 16 Aprile 1943), considerato che essa non dovrebbe costituire una grande difficoltà tecnica, poiché la parte danneggiata è del tutto simmetrica e speculare a quella attualmente visibile e in discreto stato di conservazione. Naturalmente, va assolutamente evitato – al termine degli eventuali lavori – ogni omogeneizzazione dei cromatismi, così da rendere inopinatamente indistinguibili le parti ricostruite da quelle originali.