Via Enrico Albanese

    La via Enrico Albanese va dalla via Libertà alle piazze Giachery e Ucciardone.

    È intitolata al medico e patriota Enrico Albanese, nato a Palermo nel 1834 e morto a Napoli nel 1889. Laureatosi in medicina a Palermo nel 1885, proseguì i suoi studi specialistici a Firenze e poi ancora a Palermo, ottenendo anche la cattedra di anatomia topografica all’Università e la direzione dell’Istituto di Clinica Chirurgica. Fu un acceso sostenitore delle nuove teorie anti-infettive di Pasteur e Lister, che egli applicò sempre durante la sua attività.

    Negli anni precedenti l’arrivo di Garibaldi, l’Albanese si adoperò insieme ad altri patrioti in attività antiborboniche, organizzando anche la sfortunata “rivolta della Gancia” che costò la vita a molti suoi amici e sfuggendo all’arresto in quanto assente durante gli atti rivoluzionari, a causa dell’improvvisa malattia della sorella Maria, che nel giorno della rivoluzione era in fin di vita nella sua abitazione di palazzo Sambuca, in via Alloro.
    Fuggito in esilio si rifugiò dapprima a Firenze e poi a Genova, dove si imbarcò con i mille come medico dell’esercito garibaldino. A Milazzo si distinse per i suoi atti di eroismo, che gli fruttarono la medaglia d’argento al valor militare.
    Nel 1862 fu presente sull’Aspromonte, quando Garibaldi fu ferito ad una caviglia. Qui si scontrò con i suoi superiori, che gli impedirono di operare il malleolo ferito perché convinti che la pallottola fosse già uscita. Questo episodio, che causò un grande dibattito anche tra i più grandi chirurghi del tempo, si risolse poco tempo dopo con l’operazione che il dottor Zanetti effettuò per estrarre la pallottola dal malleolo di Garibaldi, dando di fatto ragione all’Albanese.
    Proseguì con i mille durante altre battaglie, guadagnandosi più volte il plauso dello stesso Garibaldi, che in diverse occasioni lo volle elogiare pubblicamente.
    Negli anni successivi tornò a Palermo, dove svolse un ruolo fondamentale nella lotta contro il colera del 1867 e poi di nuovo nel 1885, ottenendo una medaglia d’argento, e poi una d’oro ai benemeriti per la salute pubblica. Nel 1874 fondò l’Ospizio Marino all’Arenella, una struttura attrezzata per combattere la tubercolosi. Qui dopo la sua morte venne eretto un monumento in suo onore, sul quale venne trascritta una lettera indirizzata a lui scritta da Giuseppe Garibaldi.

    Lasciò diverse opere scritte, tra cui pubblicazioni a carattere scientifico sulla chirurgia, sulle trasfusioni di sangue e sul trattamento delle ferite del midollo spinale.

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