La via principale di Palermo, la più antica e importante è stata “il Cassaro”. Inizialmente indicava il piccolo insediamento che avrebbe dato origine alla città: una roccaforte su un promontorio roccioso. Gli arabi la chiamarono Al-Qsar, termine arabo che indica, appunto, una fortificazione racchiusa da poderose mura: da lì si prolungava l’unica strada che tagliava in due parti l’antica paleopoli.
La storia del Cassaro: il nome
Adesso è chiamata via o corso Vittorio Emanuele, ma che c’entra con Palermo Vittorio Emanuele II? Vabbé che è stato il primo re d’Italia, ma dedicargli la strada più antica della città! Non bastava che la sua statua fosse posizionata, un po’ a casaccio ma in bella vista col suo cavallo, in piazza Giulio Cesare?!
Diamo a questa via il nome che le compete: il “Cassaro”, come da sempre è stata chiamata e anche adesso più persone cominciano ad identificarla. Vox Populi, vox Dei!

Ed effettivamente il popolo palermitano ha sempre chiamato Cassaro questa via, anche quando gli atti e i documenti ufficiali a partire dal periodo normanno la designavano come “la via marmorea” perché lastricata di marmo dal principio alla fine.
La fine era alla porta dei Patitelli, nei pressi della chiesa di sant’Antonio Abate all’incrocio con la via Roma: dopo c’era il mare con la grande insenatura dove confluivano i due fiumi Papireto e Kemonia. Man mano che il mare arretrava, per via dei detriti che si accumulavano, nel 1567, quando Palermo era la capitale del viceregno spagnolo, il viceré Garçia de Toledo volle che la via Marmorea fosse rettificata, allargata e prolungata fino alla Porta della Pescaria, all’altezza della Vicarìa, il grande carcere di una volta, nell’odierna via Porto Salvo.
Alla fine dei lavori, che costarono l’abbattimento della Torre dei Patitelli, delle chiese di santa Venera e san Nicolò de Cassaro e lo sventramento delle casupole che chiudevano il percorso fino alla Cala, la strada venne ribattezzata “via Toledo” in onore del viceré che aveva patrocinato i lavori.
Nel 1581, per volontà del viceré Don Marcantonio Colonna, la strada del Cassaro fu definitivamente prolungata fino a Porta Felice, ma quest’ultimo tratto fu ironicamente battezzato “Cassaro morto” perché non fu altrettanto vissuto e frequentato se non da chi ricercava qualche “prestazione” dalle abituali frequentatrici notturne, le cosiddette “cassariote”.
Da sempre, è stata la strada principale
La strada era davvero bellissima, secondo le descrizioni dell’epoca: dopo che nel 1325 le balate erano state divelte, tutta la pavimentazione era selciata con piccole pietre levigate inquadrate in fasce di mattoni. Ai due lati, palazzi eleganti e chiese e monasteri la costeggiavano, interrotti ora dalle strette vie di origine araba, ora dalle belle piazze del piano della Cattedrale, dei Bologni e più in basso da piazza Pretoria, così fino al piano della Marina.
Era il passeggio privilegiato dei cittadini, centro commerciale ed emporio di prodotti locali o esotici, luogo di cortei e cerimonie, di gare e festeggiamenti in onore dei viceré o dei personaggi illustri che visitavano la città.
Nel 1745, fu la prima strada della città ad essere illuminata pubblicamente con i lamponi ad olio e pochi anni dopo, la prima ad essere lavata con un carro-botte trainato da animali.
A più riprese la pavimentazione venne lastricata di marmo ma solo verso la fine del 1800 si crearono le condutture che servivano a convogliare le acque piovane o di scarico. Fino a quel momento, in inverno certe volte l’acqua piovana scorreva come un fiume impedendo l’attraversamento dei passanti. Per risolvere il problema erano incaricati alcuni facchini che caricavano sulle spalle le persone che dovevano attraversare la strada! Così, nel 1748, la “Deputazione delle strade” fece costruire cinque ponti in legno da collocare nei punti più strategici e frequentati: montati in inverno, venivano dismessi in primavera. Il più importante e grande era vicino ai Quattro Canti: nel 1847 fu ricostruito in ferro ma in seguito venne definitivamente rimosso e collocato nel giardino Inglese dove ancora si trova (in realtà solo una delle due ringhiere!).
Per questioni di sicurezza e di decoro, vennero fatte dismettere le tettoie che coprivano gli ingressi nei negozi di tessuti: le cosiddette “pennate”, perché impedivano la visuale dei prospetti, e contemporaneamente fu deliberato che i balconcini degli ammezzati che sporgevano recando un pericolo per i passanti, dovevano essere ridotti fino alle facciate.
Il 3 febbraio del 1802 fu una data storica per la toponomastica palermitana perché in quel giorno, sul prospetto laterale della chiesa di san Nicolò alla Kalsa, venne murata la prima lapide in marmo con l’iscrizione piombata: “via Toledo“.
Tramonto e rinascita del Cassaro

Questa via è stata la più importante della città ed ha visto la maggior parte degli avvenimenti che ne hanno determinato la sua storia.
Certo, nel corso dei secoli la sua importanza è andata diminuendo dopo il doppio taglio subito: il primo nel 1600 con l’intersezione della via Nuova, l’odierna via Maqueda, il secondo agli inizi del 1900 con il taglio della via Roma.
Durante tutto il XX secolo il Cassaro è andato tramontando nel cuore dei palermitani, fino a diventare una strada super trafficata da automobili e svalutata nei suoi contenuti architettonici.
Adesso, qualcosa è cambiato e il coraggio urbanistico di averla resa interamente pedonale ha ridato vita e lustro a questa antichissima arteria cittadina restituendola al passeggio dei cittadini e dei numerosi turisti che ogni giorno la frequentano.
Per questo noi, dopo la parentesi toponomastica di “via Vittorio Emanuele”, speriamo di essere testimoni di un ritorno al passato anche da questo punto di vista e chi è chiamato ad amministrare la città collochi lungo questa via nuove targhe con su scritto semplicemente “Il Cassaro”!
Saverio Schirò
Per Approfondire:
- Nino Basile, Palermo felicissima, Divagazioni di arte e di storia, III, Vittorietti Editore, Palermo 1978
- Rosario La Duca, La città passeggiata, 3, L’Epos Editore Palermo 2003
- Giuseppe Bellafiore, Palermo, Guida della città e dintorni, Palermo 1986
- Il Cassaro, Wikipedia.org
Buongiorno./Buona sera.
Concordo sull’idea di rinominarlo Cassaro; tale asse viario ascende alla presenza punica a Palermo (VII secolo a. e. v.) e durante il dominio islamico fu pure denominato al-Simat (“la riga” o “il rettilineo”), ma ciò con riferimento al suo segmento che andava dal complesso palaziale musulmano (a Sud-Ovest dell’attuale Piazza Indipendenza) con la moschea principale della città (insistente, “alla grossa”, sulle attuali Via M. Bonello e Via dell’Incoronazione); nel periodo normanno-svevo-angioino esso fu denominato Ruga Marmorea: il “marmo” che la lastricava era, a quanto parrebbe, la cosiddetta Pietra di Billiemi (calcare brecciato), poi andato perduto nell’ambito degli avvenimenti della Seconda Guerra del Vespro (1321/1342). Altra sistemazione di tale asse fu terminata nel 1705 e di essa si ha notizia anche da una lapide ancora allocata sulla facciata della dismessa Chiesa di Santa Maria della Grotta facente parte del Collegio Massimo dei Gesuiti (ora Biblioteca Centrale della Regione Siciliana).
Il Cassaro prima dell’intervento di rettifica (1567/1577) promosso dal viceré García Álvarez de Toledo y Oxorio, aveva un andamento irregolare giacché esso seguiva la linea di crinale della penisola originaria fra i corsi d’acqua torrentizi Papireto e Kemonia.
Grazie per gli approfondimenti, molto utili e pertinenti.
Concordo
Ottimo. Facciamolo sapere in giro.